Verde
Laguna di Silvia Favaretto: passione, resilienza ed
amore tutto d’un fiato a Venezia con scorrevolezza
VENEZIA -Verde Laguna,
primo romanzo di Silvia Favaretto, è opera di resilienza
pregevole che appassiona, si legge con scorrevolezza
tutto d’un fiato.
Il lettore, entra nella Venezia del Novecento, passando
dai bombardamenti anglosassoni ai cambiamenti politici e
sociali della guerra fino al boom economico. La
famiglia, l’amore, il dolore e la rinascita sono gli
elementi di una storia vera che appassiona e travolge il
lettore. Le emozioni che si percepiscono leggendo VERDE
LAGUNA sono quelle vissute dalla protagonista Ida, dalla
sorellina Anna e dal fratello Ferdi divenuti presto
orfani di guerra. La resilienza è infatti l’elemento
trainante dell’opera di Silvia Favaretto. La capacità
di non lasciarsi abbattere per Ida dalle difficoltà
della vita, di reagire e di rialzarsi più forte di
prima. Ida dimostra che si possa imparare ad adattarsi
al vento ed alle tempeste come fanno gli alberi,
sviluppando radici forti e rami flessibili, così da
potersi mantenersi ancorati a terra, ma nello stesso
tempo imparare ad adattarsi ai cambiamenti. Ida è come
l'Araba Fenice che rinasce dalle proprie ceneri dopo la
morte e proprio per questo motivo, simboleggia anche il
potere della resilienza, ovvero la capacità di far
fronte in maniera positiva alle avversità, coltivando le
risorse che si trovano dentro di noi. Mai lasciarsi
abbattere dalle difficoltà, ma rialzarsi più forti di
prima come hanno fatto i tre fratelli: ANNA, FERDI ed
IDA. VERDE LAGUNA è storia storia vera di vita che parte
dalla frase pronunciata dalla richiesta della piccola
Silvia alla nonna Ida : “Nonna, mi
racconti di quando eri piccola?”. La capacità
descrittiva dell’autrice evidenzia sia linguaggio
forbito e preciso che comprensibilità per chiunque.
VERDE LAGUNA è un’opera che oltre a suscitare sentimenti
e conoscenze storiche avvince per le vicissitudini dei
protagonisti. Lo scritto potrebbe essere la trama di un
film attuale con i “venti di guerra” sempre presenti in
tutti i tempi. Il fiore all’occhiello di VERDE LAGUNA
scritto da Silvia Favaretto ed edito da Mazzanti Libri è
nel fatto che i protagonisti ANNA, FERDI ed IDAROSSELLI tuttora
in vita abbiano potuto apprezzarlo e rivivere la
resilienza.
VENEZIA
Breve nota biografica
dell’autriceSilvia
Favaretto (Venezia, 1977) è dottore di ricerca in
studi iberici ed angloamericani presso l’università Ca’
Foscari di Venezia. È giurato nei premi internazionali
di poesia Castello di Duino e La Carta di Altino. Dal
2002 ha pubblicato libri di poesia e narrativa breve in
Italia, Argentina, Colombia, Costa Rica, Honduras, El
Salvador e Messico. Ha vinto premi letterari sfociati in
pubblicazioni individuali come nel caso del Premio
Ibiskos 2007 (primo premio di poesia per il libro
“Parole d’acqua”) e il Premio Torresano della casa
editrice Gilgamesh nel 2020 (primo premio di poesia per
il libro “La notte dei corpi”). Nel 2021 il manoscritto
inedito di questo romanzo ha vinto una menzione d’onore
al premio Franco Ciliberti dell’archivio Cattaneo. Nel
2022 viene pubblicato “I monologhi della bambola vudù”
(Fara edizioni) in seguito a vincita del concorso
Narrapoetando 2021. È insegnante, traduttrice e
Presidente dell’associazione culturale Progetto 7LUNE
dal 2014.
I
monologhi della bambola vudù
Opera
poetica vincitrice al concorso Narrapoetando
Silvia Favaretto ha vinto al concorso Narrapoetando 2022
I monologhi della bambola vudùOpera
poetica vincitrice
al concorso Narrapoetando
MOTIVAZIONI DELLA GIURIA
Lo stile è originale, l’opera risulta compatta, declinando,
all’interno di una cornice sempre fedele a sé stessa, tutta una
serie di temi collaterali, attuali e ben proposti.(Eleonora
Rimolo) Fu Diotima che mostrò a Socrate la via dell’amore.
Ascoltando quest’opera abbiamo la possibilità di farci
illuminare un’altra via (è un’altra via?), la via del dolore, da
una bambola vudù. E forse Diotima era in Socrate come in noi la
bambola, che dalla nascita conosce quanto questi nostri tempi ci
hanno trovati impreparati a ricordare: che siamo nudi e soli e
che già nel nostro venire al mondo facciamo l’esperienza del
sangue e del dolore. Quest’immagine misura la nostra misteriosa
responsabilità. Ci sono due strade che molto probabilmente non
sono due strade, che molto probabilmente sono la stessa strada e
due modi di percorrerla, come in più modi possiamo reagire al
blackout. La luce se ne va e possiamo arrabbiarci, possiamo
angosciarci, possiamo chiamare i fornitori della corrente e
l’amministratore del condominio o perdere tempo a cercare quelle
pile che non sbucheranno mai. Potremo poi, o alla fine dovremo,
accettare il fatto che, semplicemente, ci sono giorni in cui la
luce se ne va. Che questi spilloni, che continuamente ci
trafiggono, esistono, che esiste il dolore e la sofferenza,
oltre ogni ogni nostro perché. E anche se lo sentiamo che senza
il chiarore, senza la luce che manca, questa vita è impossibile,
nessun tentativo di spiegare il black out la farà tornare.
Allora piangeremo di paura senza sapere come fare. Questa è la
strada e accettarla, piano piano, ci dice la bambola, ci porta a
un’altra luce, diversa. La poesia Blackouts, come tante altre
poesie di quest’opera, è un piccolo manuale di sopravvivenza, un
esercizio di consapevolezza, che ha senso tenere in tasca in
questi giorni o anni, o in questa vita. Perché ascoltare la
bambola vudù è anche fare amicizia con quella voce di creatura
sorda e indefessa che è la talpa; è annusarla, la luce, oltre
gli occhi, oltre la nostra paura della solitudine, oltre il
nostro desiderio di chiarore. La bambola vudù ci porta per mano
a scoprire che dentro questa luce, oltre questo buio, attraverso
una fedeltà incomprensibile, esiste un’altra luce e non dobbiamo
aver paura, perché il nostro straccio di corpo sa ricevere ogni
ago e questo è importante, perché tutti i nostri incontri
avranno uno spillone in mano e sempre crediamo di sapere cosa ci
aspetta, eppure accadde un giorno che la bambola vudù incontrò
una mano con un ago, e un filo d’oro, e non fu infilzata; la
mano si dispose a ricucirne ogni parte rotta e ne fece un
crogiolo di cicatrici dorate. Così anche le opere, i libri, come
ogni esperienza, nascondono nell’incontrarle un ago. La bambola
vudù con sé per noi si porta dietro un filo d’oro. Ho voluto
ringraziare la voce della bambina saggia con un briciolo di
quanto mi ha insegnato. (Gregorio Iacopini)